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sabato 11 gennaio 2014

Pronti, partenza... Debito pubblico!

In questo primo post andiamo subito al sodo, trattando un argomento particolarmente attuale e che dovrebbe essere compreso da ognuno di noi: il debito pubblico.

Questo fantasma ha iniziato a palesarsi nel 1979, con il famoso Divorzio tra Stato e Banca d'Italia, a seguito del quale abbiamo iniziato a pagare degli interessi su ogni banconota emessa (si sa, i divorzi non sono gratis). Lo Stato di fatto poteva ancora obbligare la Banca d'Italia ad acquistare i suoi titoli per finanziare la spesa pubblica, ma continuava ad accumulare sempre più debito perchè alle normali voci di spesa si erano aggiunti gli interessi sul debito stesso (eh sì, i nostri politici, per quanto amanti della bella vita, non sono riusciti ad accumulare da soli oltre 2000 miliardi di euro di debito pubblico).

 Il debito pubblico è iniziato a diventare un vero problema solo con il Trattato di Maastricht del '92, con il quale sono stati determinati i paramentri di convergenza per l'adesione all'euro che, come ormai ripetono anche le sedie, prevedono un tetto, tanto irremovibile quanto ingiustificato, per il rapporto "Debito pubblico/PIL" al 60%. Nonostante non rientrassimo in tale paramentro, l'Unione Europea ha chiuso un occhio, ma imponendoci per contro delle misure di austerità che però, udite udite, non hanno fatto altro che peggiorare il rapporto stesso.

Sicuramente vi sembrerà assurdo, ma proviamo a ragionare: dobbiamo ridurre il nostro rapporto Debito pubblico/PIL, perciò basterà ridurre il Debito pubblico, direbbe qualcuno, e il gioco è fatto! E invece no, ci si dimentica sempre che c'è anche un denominatore per ogni numeratore, e se il denominatore diminuisce, aumenta il rapporto. Ad esempio vi ricordate il buon Mario Monti, inviato speciale dall'Europa per risanare i nostri conti pubblici a suon di lacrime e sangue? Bene, solo nel 2012, con la sua austerity, è riuscito a portare il nostro rapporto "Debito pubblico/PIL" dal 120% al 127%. Sorpresa: tagliare la spesa e aumentare le tasse è il modo migliore per stroncare la domanda interna, e quindi il PIL, di un Paese. Se la gente non ha soldi non spende, e se la gente non compra, le fabbriche, oltretutto strangolate dalle tasse, iniziano a chiudere, i dipendenti vengono licenziati e si genera un circolo vizioso di decrescita in cui tutti stanno peggio.

La spesa pubblica, signori miei (come NON direbbe Renzi), è un fattore che agisce positivamente sull'economia di un paese, immettendo liquidità nel sistema e sostenendo così la crescita.

Ovviamente non vogliamo giustificare sprechi, mazzette o vitalizi e pensioni d'oro, ma questi sono solo la punta dell'iceberg di una mala politica, che soprattutto deve rendere conto ai propri cittadini della svendita della sovranità monetaria alla Banca d'Italia prima, e all'Unione Europea (tramite la BCE) in un secondo momento.

Se siete ancora convinti che il debito pubblico (e ci riferiamo a quello per finanziare la spesa e non a quello per il pagamento degli interessi) sia il male assoluto, vi invitiamo a ragionare sul modello giapponese, Giappone che oggi rappresenta la terza potenza economica al mondo nonostante il suo rapporto "Debito pubblico/PIL" sfiori il 250%. Lasciamo a voi le considerazioni in merito.

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